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Chiesa di San Francesco d'Assisi

Questo antico tempio vanta la tradizione, che non regge granché comunque con la critica storiografica, della sua erezione ad opera del fraticello d’Assisi, San Francesco, nel 1217. Nessun avanzo architettonico e strutturale sopravvive mentre sono rintracciabili, nel chiostro conventuale confinante con la Chiesa, i segni della presenza francescana dell’osservanza nel XV secolo, prima della riforma dell’ordine.

La facciata in tufo carparo fu realizzata nel 1736 su canoni stilistici barocchi propri della cultura salentina ed applicati sulle lezioni del Borromini, da Mauro Manieri.

L’interno maestoso e luminoso a tre navate, con scansione degli spazi con paraste tardo cinquecentesche, fu abbellito ed arricchito di stucchi nel primo ventennio del ‘700.

Costruita nel XV secolo dai frati osservanti di S. Francesco, la chiesa fu completamente ristrutturata alla fine del XVI secolo con la venuta a Gallipoli dei frati riformati francescani cui sono dovute molte delle opere che ne decorano l’interno.

A frate Francesco Maria da Gallipoli sono attribuite, infatti, le stupende macchine lignee dell’altare maggiore, dell’Annunciazione e dell’Immacolata.

A causa di un incendio è andata perduta, nel 1945, la grande tela del Diso raffigurante il perdono d’Assisi.

E’ sopravvissuto invece il grande crocifisso ligneo del ‘400 e le due portiere lignee del seicento con l’Addolorata e S. Giovanni che decorano il fastigio dell’altare maggiore.

Di fra Giacomo da San Vito è invece la tela con S. Anna e la Sacra Famiglia, un tempo collocata nell’omonimo altare andato distrutto e sostituito da quello marmoreo appartenuto alla nobile famiglia dei Ravenna.

La chiesa di S. Francesco rappresenta per i gallipolini il sacrario delle memorie civiche. Qui ebbero sepoltura l’umanista Stefano Catalano ed i giuristi Filippo e Tommaso Briganti.

A questaChiesa è legatala tradizionepopolare relativaa Misma il “malladrone”, che non volle pentirsi sulla croce, accanto al Cristo Crocifisso, come fece invece Disma, il “buon ladrone”. Si narra che anche le vesti di Misma, ogni anno, si deteriorino, così come il peccato rode l’anima dell’uomo.

In questa Chiesa, infatti, esiste la cappella detta “degli Spagnoli” costruita, nel XVII secolo a spese del Castellano di Gallipoli, il nobile spagnolo Giuseppe Della Cueva, con sepolcro gentilizio. Egli vi fece collocare la statua del buono e del cattivo ladrone, con il Cristo morto in una nicchia sotto la mensa, e le statue di Maria, Giovanni e Giuseppe d’Arimatea, ai piedi dell’altare.

Gabriele D’Annunzio, che vide la statua del malladrone, ne rimase impressionato a tal punto da lasciarne indelebile memoria in alcuni suoi scritti.

Pregevoli, all’interno, le opere d’arte, dal S. Francesco attribuito alla scuola veneziana del Pordenone, al gruppo del Presepe litico cinquecentesco, all’organo, del 1726, dei gallipolini Pietro e Simone Chircher. Significative le opere pittoriche del gallipolino Giandomenico Catalano, tra cui l’Assunta nella cappella che fu dei Pievesauli, l’Annunciazione degli Assanti e la Purificazione, con la bella cornice lignea del Seicento nell’altare dei Massa che fu dei Palmieri.

Del Catalano è pure la tela raffigurante S. Antonio Abate collocata sulla porta laterale della chiesa, appartenuta all’omonima confraternita che aveva oratorio nell’attuale Via Ribera.

Del notissimo scultore locale, Vespasiano Genuino, è la statua lignea di S. Antonio di Padova, datata 1630 e collocata sull’omonimo altare. Allo stesso artefice è attribuito l’altorilievo in pietra leccese dell’Incoronazione di Maria che chiude la volta della cappella di S. Diego e le statue in pietra di S. Giuseppe e di S. Francesco di Paola collocate sul fastigio dell’altare.

Del Catalano è la bella tela con San Diego con i ritratti del Castellano di Gallipoli, Consalvo de Carmona, di sua moglie Geronima Protonobilissimo e del figlio Diego.

Si conserva in questa Chiesa anche l’altorilievo lapideo, della fine del XV secolo, raffigurante S. Michele Arcangeloe proveniente dall’antica chiesa di S.ant'Angelo.

Nella sacrestia sono da ammirare i monumentali armadioni lignei della fine del seicento al cui interno sono conservati gli apparati ed arredi sacri, tra cui i numerosi reliquiari, gli argenti ed i tessuti serici del ‘700.

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