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Le Chiese e gli Oratori confraternali

Nel medioevo, il centro storico di Gallipoli assunse la fisionomia giunta sino a noi. Su di essa i secoli successivi hanno agito con aggiunte ed adattamenti che non ne hanno alterato sostanzialmente il volto. Elementi aggreganti in questo contesto furono il castello, posizionato verso il territorio lungo l’antica arteria di ingresso alla città; la Cattedrale collocata in una sorta di richiamo prospettico per singoli elementi del tessuto urbano, al centro dell’isolotto, sul luogo più eminente; le Chiese degli ordini conventuali, dei mendicanti e dei predicatori, equamente distanti tra di loro e piantate con i relativi conventi, come altrettanti baluardi di difesa, agli estremi, verso il mare aperto, della cinta bastionata Al riparo dai temuti attacchi degli invasori erano invece i monasteri claustrali, prima delle monache Chiariste e poi delle Carmelitane, nel cuore della struttura urbana. Dopo il Concilio di Trento, si sviluppa un fervore di opere mai prima conosciuto, promosso soprattutto dalle Confraternite laicali e sviluppato con la costruzione di numerosissime Chiese Oratorio, che andarono a costeggiare generalmente il periplo rivierasco, all’interno delle cortine difensive. Il decoro delle facciate, nude e disadorne, talvolta gaiamente movimentate da istoriati pannelli maiolicati, delle nuove chiese confraternali, che vanno oggi subito niconosciute per l’ostentata esibizione di due portali di ingresso euritmicamente posizionati, amplificano, per il contrasto stridente, la magnificente decorazione degli interni che, realizzata da una miriade di artefici in gran parte anonimi, nel marmo policromo e nel laborioso intaglio in legno, negli tucchi e nelle enormi cornici donate, nel fasto del cromatismo delle immense tele dipinte, si espresse vigorosamente in modi, seppur timidamente imitati, se non esclusivi, unici in ambito salentino e pugliese.

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